La storia

La storia

 

Sul principio degli anni Cinquanta vengono a maturazione in Sicilia, nel campo della filologia e della linguistica, istituzioni e programmi che il conflitto mondiale non aveva cancellati, ma che anzi erano venuti via via organizzandosi e consolidandosi. Ha inizio così un nuovo capitolo della vicenda degli studi filologici in Sicilia. Un primo capitolo, apertosi a metà Ottocento e protrattosi sino alle soglie della prima guerra mondiale, aveva perseguito e in parte attuato l’o­bbiettivo di rintracciare e pubblicare antichi testi letterari in volgare. È in questi anni – gli anni di Alessio Di Giovanni, di Giacomo De Gregorio, di Gioacchino Di Marzo – che vengono prodotte edizioni parziali o integrali, pur se talvolta imprecise, di scritture volgari trecentesche e quattrocentesche, dalle Costituzioni be­nedettine al Libro dei vizii e delle virtù, dal Rebellamentu di Sichilia alla Quaedam profetia, dalla Vita di S. Onofrio al Libru de lu dialagu de Sanctu Gregoriu. «Si entra – sottolinea Franco Branciforti1 – nel vivo della tradi­zione letteraria siciliana dei primi secoli con una ricerca non più ancorata ad interessi storico-documentari di derivazione settecentesca, né a diva­gazioni accademico-letterarie, ma ormai orientata ad individuare e defini­re un patrimonio culturale, che per la prima volta si presenta serio, consi­stente ed omogeneo». Saranno poi due figure eminenti di studiosi – Michele Catalano e Salvatore Santangelo – che, approntando nuovi strumenti di ricerca, salde­ranno, nel periodo tra le due guerre, la generazione dei Di Giovanni e dei De Gregorio con quella dei fondatori e dei protagonisti degli anni iniziali del Centro. Nel campo degli studi linguistici e dialettologici, il dibattito, aperto da Gerhard Rohlfs sin dalla metà degli anni Venti con la formulazione del­la nota tesi della neoromanizzazione dell’Isola2 in epoca medievale, aveva avuto i suoi momenti salienti, oltre che in una non piccola serie di inter­venti dello stesso Rohlfs, nei contributi importanti di Antonino Pagliaro3 del 1933 e 1934 e, alcuni anni dopo, di Giovanni Alessio4, entrambi deci­samente avversi alle posizioni rohlfsiane. La discussione – pur non priva di asprezze e di alcuni eccessi polemici – aveva avuto il merito, tra gli altri, di sollevare la linguistica siciliana dalle secche neogrammaticali e dalla mo­desta seppur copiosa lessicografia dialettale, spostando l’attenzione degli specialisti sulle complesse vicende della storia linguistica della Sicilia. Gli stessi apporti di Giorgio Piccitto, il compianto studioso ragusano, profes­sore di Dialettologia siciliana nell’Università di Catania, e tra i fondatori del Centro, vanno visti in questo clima di rinnovamento degli studi lin­guistici; non a caso il suo progetto di vocabolario dialettale del 1950 por­ta il titolo Per un moderno vocabolario siciliano, mentre il suo fondamen­tale saggio su La classificazione delle parlate siciliane e la metafonesi in Si­cilia5,anch’esso del 1950, rinnova le premesse su cui erano stati fondati i vecchi schemi classificatori, a cominciare da quello di H. Schneegans6, arricchendo uno strumento, di per sé descrittivo, di spunti, riflessioni, ipo­tesi sull’evoluzione degli usi linguistici nell’Isola.

Tornando all’indagine filologica, anche in questo settore nuovi com­piti e rinnovate prospettive di lavoro sono concretamente poste nell’im­mediato dopoguerra da Ettore Li Gotti col suo Repertorio storico-critico dei testi in antico siciliano dei secoli XIV e XV7, punto di partenza della mo­derna filologia siciliana. Altre importanti iniziative, quali il congresso fe­dericiano del 1950 e quello del 1951 per il VII cente­nario della poesia e lingua italiana, contribuiscono a vitalizzare gli studi fi­lologici siciliani, ampliandone gli orizzonti, estendendone i collegamenti, sottolineando l’importante ruolo della Sicilia nel mondo medievale.

È in questo clima fervido ed entusiasta che nasce e muove i primi pas­si, nel 1951, il Centro di studi filologici e linguistici siciliani, grazie anche al sostegno della Regione Siciliana. E non è senza significato che della vi­cenda della sua fondazione siano protagonisti, tra gli altri, gli stessi Li Got­tiPagliaro e Piccitto: quegli studiosi, cioè, che avevano posto, negli anni precedenti, le premesse per il rinnovamento degli studi filologici e lingui­stici in Sicilia. È questa nuova sensibilità che ispira, nel momento determinante del­la fondazione, la formulazione degli articoli istituzionali dello Statuto: «Il Centro, a norma dell’atto costitutivo, si propone di promuovere gli studi sul siciliano antico e moderno, considerato in tutti i suoi aspetti, coordi­nando anche tutte le altre iniziative al detto fine attinenti. Per intanto par­ticolarmente si propone: a) la pubblicazione di una Collezione di testi si­ciliani dei secoli XIV e XV in cui si riflette uno dei momenti più caratte­ristici della cultura siciliana; b) la raccolta del materiale per la compila­zione e pubblicazione di un grande Vocabolario delle parlate siciliane, in cui si rifletta e, in un certo senso, si compendi la civiltà dell’Isola». Per il raggiungimento di tali obiettivi vengono costituite due sezioni: la Sezione filologica, sotto la denominazione di “Commissione per i testi”, con sede presso l’Università di Palermo, con il compito di pubblicare gli antichi testi siciliani (ne sarà primo responsabile Ettore Li Gotti, cui suc­cederanno Antonino PagliaroGiuseppe Cusimano e Costanzo Di Girolamo); la Sezione linguisti­ca, sotto la denominazione di “Opera del Vocabolario”, con sede presso l’Università di Catania, con il compito di attendere alla preparazione, com­pilazione e pubblicazione del Vocabolario siciliano (ne sarà primo respon­sabile Giorgio Piccitto con Giovanni Tropea, la cui eredità sarà raccolta da Salvatore Trovato). Scrive Franco Branciforti, riferendosi ai congressi prima menzionati e alla quasi contemporanea costituzione del Centro, che «i primi due riba­discono, al livello più qualificato, l’appartenenza intrinseca e significativa della cultura medievale siciliana alla civiltà romanza contemporanea, e la seconda appronta lo strumento operativo perché questa cultura, in tutte le sue manifestazioni, venga esplorata organicamente e sistematicamente». Era stato, dunque, Ettore Li Gotti, professore di Filologia romanza nell’Università di Palermo, a dare il primo impulso a questo processo fe­condo. Al suo appello, condiviso da Pagliaro e da Piccitto, rispose­ro subito, e calorosamente, personalità di primissimo piano del mondo ac­cademico, quali i già anziani Salvatore Santangelo e Michele Catalano, e poi Carmelina NaselliAntonino De StefanoSalvatore BattagliaBruno Lavagnini e alcuni intellettuali e uomini di cultura impegnati in alte cariche po­litiche e accademiche, come Franco Restivo, Presidente della Regione Si­ciliana, e Lauro Chiazzese, Rettore dell’Università di Palermo, che sarà il primo presidente del Centro. Gli succederanno lo stesso Franco RestivoMario Fasino, anch’egli ex Presidente della Regione e dell’Assemblea Re­gionale Siciliana, Antonino Buttitta e, a partire dal 2009, Giovanni Ruffino. Ma la vita del Centro non si esaurisce nell’iniziativa e nel ruolo delle autorevoli figure dei suoi fondatori. Già sin dai primi anni si raccolgono intorno a Li Gotti, a Battaglia, a Pagliaro, a Santangelo, allo stesso ancor giovane Piccitto, le nuove generazioni dei filologi e dei dialettologi sicilia­ni, in un tirocinio di scienza, ma anche di umanità, che ha lasciato testi­monianze significative proprio nelle prime realizzazioni del Centro: le Poe­sie siciliane dei secoli XIV e XV,che escono negli anni 1951-52 a cura di Giuseppe Cusimano, le Regole, costituzioni, confessionali e rituali a cura di Franco Bran­ciforti (1953), La conquesta di Sichilia fatta per li Normandi translatata per frati Simuni da Lentini a cura di Giuseppe Rossi-Taibbi (1954), la Sposi­zione del Vangelo della Passione secondo Matteo a cura di Pietro Palumbo(1954-57), Dal “Declarus” di A. Senisio i vocaboli siciliani a cura di Augu­sto Marinoni (1955). Le collaborazioni, i collegamenti, le intese si estendono e varcano ben presto i confini dell’Isola, coinvolgendo sin dal primo decennio di vita del Centro studiosi non siciliani di grande prestigio, come Gianfranco Fole­na (che curerà la Istoria di Eneas vulgarizata per Angilu di Capua)o Fran­cesco A. Ugolini (che pubblicherà il Valeriu Maximu translatatu in vulgar messinisi per Accursu di Cremona). Ma siciliano in questa nuova fase «diventa – come osserva ancora Bran­ciforti – il lavoro e non la persona, siciliano è l’oggetto della ricerca, sici­liano è infine lo spirito, che la informa, nell’accezione più alta e disinte­ressata, di contributo alla ricostruzione di un momento assai significativo della cultura neolatina. È la prima volta, nella storia della cultura in Sici­lia, che una impresa collettiva di tanto impegno si attui e sopravviva, con­servando strenuamente lo spirito laico e progressista originario (cioè libe­ro da ogni ipoteca regionalista); è la prima volta che la cultura siciliana as­suma e conduca, senza complessi, un impegno di lavoro scientifico, che si allinea con le grandi raccolte di testi di altre lingue romanze». Sull’altro versante, quello dialettologico, Giorgio Piccitto mette a punto la concreta organizzazione del lavoro preparatorio per la realizzazione di un moderno vocabolario delle parlate siciliane, che tenga conto dei più ag­giornati orientamenti della lessicografia dialettale. Negli anni che prece­dettero la seconda guerra mondiale era venuta crescendo in Italia l’esi­genza di rinnovare l’impianto e l’ideologia stessa dei vocabolari dialettali, abbandonando – con l’antica finalità didascalica – una concezione aristo­cratica e “urbana” del dialetto parlato. Intuizioni sia pure embrionali, pre­senti in vocabolari come quello abruzzese di Finamore8 e còrso di Fal­cucci9, vagamente attenti alla variazione diatopica, erano state valorizzate con l’affermarsi del metodo della geografia linguistica, che aveva portato alla luce le manchevolezze, e talvolta le grossolanità, della lessicografia tra­dizionale, carente sotto l’aspetto dell’ordinamento dei materiali, della tra­scrizione, della notazione del livello d’impiego e della localizzazione geo­grafica delle forme. Anche la pur ricca tradizione lessicografica siciliana (che pure annovera opere come quelle di Pasqualino10 e di Del Bono11 per il secolo XVIII, di Mortillaro12 e di Traina13 per il secolo XIX), era via via decaduta in una vocabolaristica stancamente ripetitiva. Piccitto, allievo di Clemente Merlo a Pisa intorno alla metà degli anni Trenta, poi lettore di italiano in Germania, aveva potuto maturare e affinare la sua vocazione di dialettologo nel contatto con gli ambienti più sensibili della linguistica ita­liana ed europea (a Lipsia aveva avuto modo di conoscere il grande ro­manista Walter von Wartburg). Del resto, già prima del 1940, Gerhard Rohlfs aveva pubblicato il suo esemplare Dizionario dialettale delle Tre Ca­labrie14,che costituisce il primo autentico modello di lessicografia diato­pica, attenta cioè alla variazione geografica. È questa, dunque, la prospet­tiva di lavoro nella quale Piccitto si pone. La sua instancabile operosità mette in funzione, nell’arco di pochi mesi subito dopo la costituzione del Centro, una efficiente rete di collaboratori locali, appassionati cultori del dialetto, che consentiranno la raccolta di gran parte dei materiali dialetta­li già pubblicati o ancora da pubblicare. Per ottenere ciò, Piccitto si fa an­che divulgatore entusiasta e infaticabile; diffonde in tutti i comuni sicilia­ni opuscoli illustrativi dell’impresa; coinvolge la stampa, l’Amministra­zione regionale, le direzioni didattiche, le parrocchie; riesce a destare un clima di interesse ed entusiasmo attorno alle ricerche dialettologiche sul siciliano. Fu possibile, in tal modo, reclutare informatori in circa 250 co­muni, alcuni dei quali offriranno per vari decenni, generosamente, il loro contributo.

Dopo questa prima fase promozionale e organizzativa, e dopo aver impiantato lo schedario di base del vocabolario (oggi ricco di oltre 500.000 schede15, ricavate anche da fonti lessicografiche dal ‘600 in poi, demologi­che e letterarie), Piccitto affronta – sempre nell’ambito del Centro – i com­plessi problemi redazionali che un’opera di così grande impegno pone: lo­calizzazione delle forme, trascrizione, acquisizione di tutte le altre docu­mentazioni scritte, redazione del testo. Il primo concreto risultato viene rag­giunto, nel 1961, con la pubblicazione di un fascicolo di saggio di 96 pa­gine e poco dopo con la costituzione del primo corpo redazionale di cui fanno parte, con Giovanni Tropea (suo primo collaboratore), Giuseppe Gu­lino e Aurelio Pappalardo. Piccitto non potrà vedere realizzato il suo pro­getto: quando ormai aveva completato la redazione del primo volume (A-E) del Vocabolario (che poi uscirà nel 1977), viene improvvisamente a man­care, a soli 56 anni, nel marzo del 1972. L’opera intrapresa da Piccitto non ha tuttavia subìto interruzioni. Sot­to la direzione di Giovanni Tropea, succeduto al Maestro anche nell’insegnamento della dialettologia a Catania, sono stati pubblicati altri tre volumi a par­tire dal 1985, mentre il quinto (Si-Z) è stato pubblicato nel 2002, grazie al lavoro di una rinnovata e ampliata équipe di redattori coordinati da Salvatore C. Trovato. Il compito di riunire insieme i due indirizzi istituzionali, il linguisti­co e il filologico, in uno strumento unitario di studio e di ricerca, è sin dal­l’inizio affidato al «Bollettino», la rivista del Centro, pubblicata a partire del 1953 sotto la direzione di Ettore Li Gotti e successivamente di Antonino Pagliaro, di Giuseppe Cu­simano, di Gianvito Resta e di Gaetana Maria Rinaldi, che ha accolto nei 21 volumi sinora pubblicati contributi fondamentali dei maggiori filologi e linguisti italiani ed europei.

La morte, anch’essa prematura e improvvisa di Li Gotti, animatore del Centro sin dalla sua costituzione, pur lasciando un vuoto grave e doloroso, non ha determinato rallentamenti nell’attività dell’Associazione. Giuseppe Cusimano, che era stato il più vicino collaboratore di Li Gotti e ne racco­glieva ora l’eredità nella Segreteria del Centro e nell’insegnamento uni­versitario, si fa anche lui animatore e sollecitatore assiduo e tenace, porta avanti tra non poche difficoltà le iniziative intraprese, apre ulteriori prospettive di ricerca e di intervento: nuovi volumi arricchiscono la Collezione degli antichi testi siciliani (i due volumi del Valeriu Maximu,curati da Francesco A. Ugolini; i tre volumi, curati da Francesco Bruni, del Libru di li vitii et di li virtuti; il Libru di lu transitu et vita di misser sanctu Iheronimu, curato da Costanzo Di Girolamo; infine, sotto la direzione dello stesso Di Girolamo, i volumi Or­dini di la confessioni «Renovamini», curato da Salvatore LuongoIl «caternu» del­l’Abate Angelo Senisio, curato da Gaetana M. Rinaldi e Antonino Giuffrida), l’Alfabetin, a cura di G. Sermoneta e il Munti della santissima oracioni, curato da Rosa Ca­sapullo, mentre numerosi altri vengono messi in cantiere grazie a una pa­ziente opera di ricerca e di stimolo, mai venuta meno; nuove collane sono istituite (i “Supplementi al «Bollettino»”), mentre viene rilanciata e rinvi­gorita la vecchia serie della “Biblioteca del Centro”; viene raccolta la pro­posta di Gianvito Resta di aprire il capitolo dei testi di età mediolatina e uma­nistica, con il Liber rerum gestarum Ferdinandi regis del Panormita, cui se­guiranno altri contributi, frutto della feconda scuola dello stesso Resta; vie­ne intrapresa una sistematica ricognizione degli incunaboli delle due mag­giori biblioteche palermitane, realizzata nella pubblicazione di essenziali ca­taloghi; vengono organizzati importanti convegni internazionali (quello su “Dante e la Magna Curia” del 1965; quello su “Lingua parlata e lingua scritta” del 1967; quello per l’Atlante linguistico mediterraneo del 1975 e, nel 1984, su “Tre millenni di storia linguistica della Sicilia”). Nonostante la sua formazione filologica, Giuseppe Cusimano non trascura, e anzi arricchisce, il filone linguistico-dialettologico, aprendo il Cen­tro alla collaborazione di studiosi del valore di Riccardo AmbrosiniAlber­to VàrvaroGirolamo Caracausi, Giovan Battista PellegriniAlfonso LeoneFranco FanciulloFranco Lo Piparo, che assicurano contributi rilevantissimi per la storia linguistica della Sici­lia e per la conoscenza della situazione dialettale dell’Isola. E val la pena di sottolineare che tutto quanto è andato con­cretandosi durante questi decenni, piuttosto che irrigidire e chiu­dere problemi e programmi, abbia invece aperto nuove prospettive, ab­bia attivato stimoli nuovi. Così, accanto alle iniziative di cui si è detto nel campo della filologia e della lessicografia, sono stati via via concepiti e so­no in corso di attuazione altri progetti nel campo dell’etimologia, dell’o­nomastica, della dialettologia etnografica, della sociolinguistica, della geo­linguistica: può ben dirsi che in un così ampio e ricco programma di ri­cerca siano impegnate le migliori energie di cui la linguistica siciliana og­gi dispone, in Sicilia e fuori di Sicilia. L’indagine etimologica è stata ed è in larga misura affidata all’inizia­tiva di uno specialista dagli interessi e dalle competenze vastissime come Alberto Vàrvaro il quale, con il primo volume (A-L) del suo Vocabolario eti­mologico siciliano del 1986, ci ha dato (pur non pretendendo di trattare il patrimonio lessicale nel senso più estensivo) il primo vero esempio di les­sico storico-etimologico di un’area dialettale italiana. Il programma tutto­ra in corso di realizzazione, ha avuto, tra gli altri, il merito di sollecitare ul­teriori approfondimenti sul complesso e stratificato patrimonio lessicale siciliano. Significative risposte a tali sollecitazioni sono venute in primo luogo da Girolamo Caracausi, profondo conoscitore delle condizioni lin­guistiche della Sicilia medievale, il quale ha incoraggiato la messa a punto di un piano per la pubblicazione di tre lessici medievali di Sicilia, il latino, l’arabo e il greco. Di quest’ultimo, già pubblicato, è egli stesso autore, co­sì come si deve all’instancabile sua operosità la pubblicazione, nel 1993, del poderoso Dizionario onomastico della Sicilia. Sia i primi che i secondi rientrano nel più vasto programma della collana “Lessici siciliani”, diretti da Giovanni Ruffino, avvia­ta nel 1984 proprio con due raccolte onomastiche di Gerhard Rohlfs, col­lana che intende completare il progetto lessicografico del Centro, inte­grando il Vocabolario con una serie di lessici dialettali dalle più diverse ca­ratteristiche: oltre ai lessici etimologici e storici già ricordati, anche riedi­zioni di antichi vocabolari, raccolte lessicali di significative parlate locali, lessici settoriali concepiti secondo il metodo “parole e cose”, attenti cioè ai dati etnografici e della cultura popolare. I due più recenti programmi di ricerca sono quelli sociolinguistico e geolinguistico. Nel settore sociolinguistico, l’impegno di gran lunga pre­valente ha coinciso con il progetto OLS (Osservatorio Linguistico Sicilia­no) – promosso dalla Regione Siciliana e coordinato da Franco Lo Piparo – riguardante la distribuzione sociale e geografica degli usi linguistici nella Sicilia contemporanea. Per quanto riguarda l’altro settore, una concreta e durevole prospet­tiva di lavoro nel campo della geografia linguistica è legata alla realizza­zione di un “Atlante linguistico della Sicilia”, diretto da Giovanni Ruffino. Trattandosi di una prospettiva di lungo periodo oltre che di rilevante im­pegno, il Centro ha in vari modi sollecitato gli apporti e i suggerimenti de­gli specialisti italiani ed europei, così che il progetto geolinguistico sicilia­no si trova oggi al centro dell’interesse della geolinguistica italiana e ro­manza.

Negli ultimi anni, questa feconda attività si è svolta in varie direzioni: nella promozione di iniziative di grande rilievo internazionale; nel rinno­vamento istituzionale e nell’ampliamento degli orizzonti di ricerca. Il primo obiettivo è stato pienamente realizzato con la organizzazione del XXI Congresso internazionale di linguistica e filologia romanza, even­to che – dopo Zurigo (XX Congresso, 1992) e prima di Bruxelles (XXII, 1998) – ha riunito a Palermo, dal 18 al 24 settembre 1995, più di mille stu­diosi provenienti da 38 paesi di tutti i continenti. Anche la pubblicazione dei sei volumi di Atti16,accolti nel catalogo di un editore prestigioso come Niemeyer ma interamente curati e realiz­zati a Palermo, ha ulteriormente consolidato l’immagine del Centro come istituzione di livello internazionale. Dopo la conclusione di questo straordinario impegno congressuale, si apre una riflessione sul futuro del Centro e sui nuovi traguardi, anche al­la luce dei contesti culturali e sociali che si sono andati via via formando in Sicilia e non soltanto in Sicilia. Tale riflessione si conclude alla fine del 1998 con la riscrittura dello Statuto e il coinvolgimento nel nuovo Con­siglio del Centro della nuova leva di filologi e linguisti che si era affermata nell’ultimo decennio, e che aveva già assicurato un apporto assai significativo. Dopo la celebrazione del Cinquantenario con il Convegno su “Parlare oggi. Dinamiche linguistiche nell’Italia contemporanea” (Palermo, 25 febbraio - 2 marzo 2002), si delineano sempre più ni­tidamente i nuovi orizzonti di ricerca che estendono e arricchiscono la tradizione di impegno nel campo filologico e linguistico: la edizio­ne della Scuola Poetica Siciliana e dei Siculo-Toscani, affidata a Roberto AntonelliRosario Coluccia e Costanzo Di Girolamo; il completamento del Vocabolario sicilia­no e della edizione dei testi antichi; la prosecuzione dell’impegno di ri­cerca per l’Atlante Linguistico della Sicilia; un sempre maggiore incorag­giamento e coinvolgimento di giovani studiosi e uno speciale impegno nel promuovere la tradizione linguistica regionale presso la Scuola e le Co­munità locali.

La pubblicazione, nella primavera del 2008, della edizione dei Poeti della Scuola Siciliana17 nella prestigiosa collana de "I Meridiani", sanciscono questo nuovo impegno. Col compimento dei primi cinquant’anni di attività, il Centro di stu­di filologici e linguistici siciliani – pur non esaurendo le finalità stabilite mezzo secolo prima – ha indiscutibilmente reso uno straordinario servizio alla comunità scientifica e alla Sicilia, ricostruendone l’intera vicenda linguistica, documentandone gli aspetti e i momenti più salienti, descriven­done l’assetto e cogliendo i più significativi dinamismi di una lingua (e di una società) in rapida trasformazione.

Giovanni Ruffino

 

NOTE

  1. F. Branciforti, La ricerca filologica in Sicilia, in La presenza della Sicilia nella cultu­ra degli ultimi cento anni (Atti del Congresso storico internazionale tenuto a Palermo dal­la Società Siciliana per la Storia Patria nel centenario della fondazione, 20-25 ottobre 1975, 2 voll., Palermo 1977, 1, pp. 489-517).
  2. G. Rohlfs, Griechen und Romanen in Unteritalien, Genf 1924; Id., Die Quellen des unteritalienischen Wortschatzes, in «Zeitschrift für romanischen Philologie», XLVI, 1926, pp. 135-164; Id., Scavi linguistici nella Magna Grecia, Halle-Roma 1933.
  3. A. Pagliaro, Sulla latinità di Sicilia, in Atti del III Congresso Nazionale di Studi Ro­mani, IV, Roma 1933, pp. 91-101; Id., Aspetti della storia linguistica della Sicilia, in «Ar­chivum Romanicum», XVIII, 1934, pp. 355-380.
  4. G.Alessio, Sulla latinità della Sicilia, in «Atti della Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo», IV ser., VII, parte II, 1948, pagine 287-510; VIII, parte II, 1949, pp. 73-155.
  5. In «Archivio storico per la Sicilia orientale», IV ser., 1950, pp. 5-34.
  6. H. Schneegans, Laute und Lautentwickelung des sicilianisches Dialectes, Strassburg 1888.
  7. Pubblicato a Palermo nel 1949.
  8. G. Finamore, Vocabolario dell’uso abruzzese, Città di Castello 1893.
  9. F. D. Falcucci, Vocabolario dei dialetti, geografia e costumi della Corsica, Cagliari 1915.
  10. M. Pasqualino, Vocabolario siciliano etimologico italiano e latino, Palermo 1875-95.
  11. M. Del Bono, Dizionario siciliano italiano latino, Palermo 1751-54.
  12. V. Mortillaro,Nuovo dizionario siciliano-italiano, Palermo 1838-44 (3a ediz. Pa­lermo 1876).
  13. A. Traina, Nuovo vocabolario siciliano-italiano, Palermo 1868.
  14. Milano-Halle 1932-39.
  15. Lo schedario è consultabile nei locali messi a disposizione dall’Università di Catania.
  16. Atti del XXI Congresso internazionale di linguistica e filologia romanza, 6 volumi, a cura di Giovanni Ruffino, Niemeyer, Tübingen 1998.
  17. Vol. I: Giacomo da Lentini, a cura di R. Antonelli; Vol. II: Poeti della corte di Federico II, a cura di C. Di Girolamo; Vol. III: Poeti siculo-toscani, a cura di R. Coluccia. La lunga fase preparatoria è riassunta nella Premessa, firmata da Antonino Buttitta, Giovanni Ruffino e Alberto Varvaro, integralmente ripresa a pp. 76-77.
Shopping cart0
There are no products in the cart!
Continua a fare acquisti