CENTRO DI STUDI FILOLOGICI E LINGUISTICI SICILIANI

Bollettino n. 34 / 2023

 

 

 

AUTORE |  
TITOLO |   Bollettino n. 34
Curatore |  
collana |   Bollettino CSFLS
anno |
pagine |
ISSN |
2023
340
0577-277X
prezzo |
* disponibilità |
  € 35,00
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SOMMARIO

Francesco Carapezza e Maurizio Vesco, Lettera di una donna con canzuna tra le carte del notaio de Marchisio (1526)

Laura Sciascia, Un testamento in volgare siciliano in tempo di peste: Catania, 25 febbraio 1348

Pier Luigi José Mannella, Giovanni Di Michele e gli altri poeti siciliani incarcerati a Palermo (secoli XVI-XVII)

Salvatore Claudio Sgroi, Le Lezioni filologiche sulla lingua siciliana di Innocenzio Fulci (1855)

Marilena Adamo, Il «Glossario» de L'opera completa di Vincenzo Consolo. Osservazioni e aggiunte

Carolina Tundo, La «lingua bastarda» di Andrea Camilleri. Tra espressioni fraseologiche e travestimenti linguistici

 

CONVEGNO PER IL CENTENARIO DELLA MORTE DI DOMENICO TEMPIO (1750-1821) E DI NINO MARTOGLIO (1870-1921)

Giuseppe Canzoneri, Per l'edizione critica del dramma musicale Lu Jaci in pretisa di Domenico Tempio

Gaetano Cipolla, The element of play in Domenico Tempio's erotic poetry

Elio Gimbo, Nino Martoglio: la nascita della regia

Rosa Maria Monastra, Il poeta e la catastrofe. Alluvioni e altre calamità nei versi di Domenico Tempio

Giovanni Tesio, Preliminari sul teatro in dialetto

Salvatore C. Trovato, La parodia della lingua o delle strategie del comico in Nino Martoglio

Sarah Zappulla Muscarà e Enzo Zappulla, La polemica fra Martoglio, Pirandello e la «Società Italiana Autori». Una questione di bottega o dignità?

 

RIASSUNTI / ABSTRACT

ADAMO

In questo lavoro si forniscono alcune precisazioni di ordine linguistico e culturale su alcune delle voci, in maggior parte di origine siciliana (regionalismi), contenute nel «Glossario» del volume de i Meridiani (2015) dedicato allo scrittore messinese Vincenzo Consolo dalla casa editrice Arnoldo Mondadori. Un cenno viene riservato alle etimologie (approssimative, se non erronee) volute da Consolo, delle quali una (zanglé), pur se errata, è adoperata dallo scrittore per costruire una interessante pagina letteraria.
L’intento, per quanto in questo lavoro vengano messe in risalto solo parole attinte al «Glossario», è quello di offrire dati certi – di ordine semantico e culturale – ai lettori di Consolo e, in particolar modo, ai futuri traduttori della sua opera.

This article provides linguistic and cultural clarifications, mostly on the Sicilian regionalisms, contained in the «Glossary» of the I Meridiani series (2015) dedicated by the publishing house Arnoldo Mondadori to the writer Vincenzo Consolo. The current study mentions the (approximate, if not improper) etymologies traced by Consolo, one of which, zanglé, albeit incorrect, is used by the writer in one of the most interesting pages of his literary work.
Although this work – at least for now – focuses only on a restricted list of words taken from the «Glossary», in itself not exhaustive of the entire Consolian work, it aims at offering certain data – of semantic and cultural order – both to the readers of Consolo and, particularly, to the future translators of his literary works.

CANZONERI

Il contributo presenta l’Edizione critica del dramma per musica Lu Jaci in pretisa del poeta dialettale catanese Domenico Tempio. Il testo critico attinge alla lezione dell’autografo Civ. Mss. D 301, databile al 1812, il più recente dei quattro autografi superstiti, che rappresenta una copia quasi in pulito. I testimoni Civ. Mss. C307 e Civ. Mss. B311, contengono testimonianza di fasi redazionali precedenti; data la disposizione casuale delle carte nei due testimoni, una tavola di concordanza ricostruisce la corrispondenza tra le porzioni di testo appartenenti ai tre autografi, presupposto necessario alla registrazione delle varianti. L’autografo Civ. Mss. C. 309, databile al 1781, dal quale Tempio recupera alcuni elementi testuali, riporta, invece, due tentativi non compiuti di redazione di un dramma che condivide con Lu Jaci in pretisa il tema della rivalità tra le città di Acireale e di Catania, che si ripropone a distanza di un trentennio con una nuova disputa politico-amministrativa. Alcune modalità correttorie dell’autore sono vagliate alla luce degli interventi di mano del suo amico ed editore, il sacerdote Francesco Strano, sul testo del ms. Civ. Mss. D301.

This paper presents the Critical Edition of the “dramma per musica” Lu Jaci in pretisa, written by the dialect poet from Catania Domenico Tempio. The critical text is based on the autograph manuscript Civ. Mss. D 301, datable to 1812, which is the most recent between the four survived autographs, and it represents an almost clean copy. The witnesses Civ. Mss. C307 and Civ. Mss. B311, contain evidence of previous drafting phases; due to the papers’ random arrangement into the two witnesses, a concordance table reconstructs the correspondence between the portions of text belonging to the three autographs, a necessary prerequisite for the variants recording. The autograph Civ. Mss. C. 309, datable to 1781, from which Tempio recovers some textual elements, reports two unfinished attempts to write a drama that shares with Lu Jaci in pretisa the theme of the rivalry between the cities of Acireale and Catania, which recurs thirty years later with a new political-administrative dispute. The author’s method of correction is also examined in light of the interventions of Tempio’s friend and editor, the priest Francesco Strano, on the manuscript Civ. Mss. D301.

CARAPEZZA-VESCO

Durante un riordino del fondo Notai Defunti dell’Archivio di Stato di Palermo, è stata rinvenuta – all’interno di un fascicolo contenente la minuta (datata 13 ottobre 1526) di un atto rogato presso il banco del notaio Giovanni de Marchisio (ca. 1488-1564) – una breve lettera d’amore anonima, probabilmente dettata da una donna, e accompagnata da una canzuna (ottava) siciliana. Si presenta qui e si edita per la prima volta il documento, accompagnato da un commento linguistico e da una discussione filologica sull’ottava, che è attestata con attribuzioni discordanti e varianti testuali in almeno cinque raccolte secentesche censite e schedate a suo tempo da Gaetana Maria Rinaldi. L’edizione è preceduta da un paragrafo che ripercorre la vicenda professionale del notaio de Marchisio, al quale la mittente della lettera sembra essere legata.

During a reorganization of the “Notai Defunti” fund at the State Archives of Palermo, it was found – inside a file containing the draft (dated 13 October 1526) of a deed drawn up at the desk of the notary Giovanni de Marchisio (ca. 1488-1564) – a short anonymous love letter, probably dictated by a woman, and accompanied by a Sicilian canzuna (eight-verse strophe). The document is presented and edited here for the first time, accompanied by a linguistic commentary and a philological discussion on the poetic text, transmitted with conflicting attributions and variant readings in at least five seventeenth-century collections, surveyed and catalogued by Gaetana Maria Rinaldi. The edition is preceded by a paragraph that traces the professional history of de Marchisio, to whom the sender of the letter could be linked.

CIPOLLA

This essay analyzes some of Domenico Tempio’s poetry using Johan Huizinga ground-breaking book, Homo Ludens, a Study of the Play Element in Culture. The Dutch scholar considered all our cultural constructs as ludic and especially poetry: «All poetry is born of play: the sacred play of worship, the festive play of courtship, the martial play of the contest, the disputations play of the braggadocio, mockery and invective, the nimble play of wit and readiness». The close analysis of one long poem, Lu cojtu in preteritu perfettu with its gags, hyperbolic language, comic situations, and playfulness, makes it clear that it is incompatible with pornography, for its desire to generate laughter and its non-seriousness are alien to pornography.

Questo saggio analizza due testi poetici di Domenico Tempio utilizzando il libro innovativo di Johan Huizinga, Homo Ludens, a Study of the Play Element in Culture. Lo studioso olandese considerava ludici tutti i nostri costrutti culturali e soprattutto la poesia: «Tutta la poesia nasce dal gioco: il gioco sacro dell’adorazione, il gioco festoso del corteggiamento, il gioco marziale della competizione, il gioco delle dispute dello sbruffone, lo scherno e la invettiva, il gioco agile dell’arguzia e della prontezza». L’analisi attenta di Lu cojtu in preteritu perfettu, con le sue gag, il linguaggio iperbolico, le situazioni comiche e la giocosità, dimostra chiaramente che lo stile poetico di Tempio è incompatibile con la pornografia, poiché il suo desiderio di suscitare il riso e la sua mancanza di serietà sono estranei alla pornografia.

GIMBO

Il saggio mette in luce il contributo fornito da Nino Martoglio nella nascita e nell’evoluzione della figura del regista a cavallo fra il XIX e il XX secolo, con il suo lavoro al teatro «Machiavelli» di Catania e la successiva esperienza romana. Martoglio emerge, infatti, come figura centrale nel passaggio dall’antica tradizione teatrale alla moderna concezione del teatro come arte problematica nella società, che si afferma contestualmente in tutta Europa al di fuori dei teatri ufficiali, in ‘isole’ di un arcipelago che fino a un certo punto non ebbero consapevolezza reciproca. Il testo esplora il contesto culturale e artistico in cui opera Martoglio, evidenziando le influenze e le innovazioni introdotte nel suo lavoro di regista e interrogandosi sul possibile impatto sulle successive svolte metatetrali di Pirandello e sulla generazione futurista romana.

The essay points out how Nino Martoglio’s work in Catania’s theatre «Machiavelli» and his following Roman experience played an important role into creating and shaping the image of the director between the 19th and the 20th century. Martoglio emerges as a central figure in the transition from the ancient theatrical tradition to the modern concept of theatre as a problematic art in society, which at the same time asserts itself throughout Europe outside official theatres, in ‘islands’ of an archipelago that, at the beginning, had no mutual awareness. The text explores the cultural and artistic context in which Martoglio operates, highlighting the influences and innovations introduced in his work as a director and questioning the possible impact on the subsequent Pirandello’s meta-theatrical shifts and the Roman Futurist generation.

MONASTRA

In un suo famoso libro intitolato Il filosofo e la catastrofe Augusto Placanica ricostruiva il dibattito suscitato dal terremoto calabrese-siciliano del 1783, muovendo dalle più modeste reazioni locali fino a toccare il centro nevralgico della cultura illuministica, ovvero il rapporto tra Natura e Ragione. Ispirandosi a quell’affascinante studio (si parva licet…), il presente saggio tenta di lumeggiare l’atteggiamento di Domenico Tempio riguardo alle catastrofi naturali in riferimento allo specifico ambiente catanese, ma anche con l’occhio al contesto europeo. Scarsamente o per nulla interessato ai terremoti, Tempio parla dei disastri che vede più vicini: e cioè di inondazioni ed eruzioni, che egli considera fenomeni esclusivamente naturali, e poi anche della carestia, a proposito della quale gli premono invece soprattutto le responsabilità umane. Se sul piano teorico e politico il suo discorso presenta qualche zona d’ombra, a livello letterario invece ha una straordinaria forza comico-grottesca.

In his renowned book entitled Il filosofo e la catastrofe Augusto Placanica reconstructed the discussion occurred on Calabrian-Sicilian earthquake of 1783, moving from the most humble local reactions to the neuralgic center of the Enlightenment culture, that’s to say the relationship between Nature and Reason. Inspired by that fascinating study (si parva licet…), this essay tries to highlight Domenico Tempio’s position on natural disasters with reference to the specific Catania environment, but also looking at the European context. Scarcely or for nothing interested in earthquakes, Tempio writes about the disasters he sees closest: that is, about floods and eruptions, which he judges exclusively natural phenomena, and then also about famine, about which he primarily considers the human responsibilities. If on a theoretical and political level his speech presents some contradictions, on the literary side it has an extraordinary comic-grotesque force.

MUSCARÀ-ZAPPULLA

Il saggio mette a fuoco, alla luce di un ricco, inedito o raro materiale documentario, la vivace polemica che nel 1918 vide protagonisti Sabatino Lopez, Direttore Generale della Società Italiana Autori (S.I.A.) da una parte e i soci Nino Martoglio e Luigi Presidente dall’altra, determinando una grave crisi della Società e le dimissioni del Direttore. Oggetto della polemica, che si sviluppò nei carteggi e nei principali quotidiani nazionali del tempo, il rapporto coi Capocomici relativo al repertorio, alle percentuali da corrispondere agli autori, alle riprese.

The essay focuses, in the light of a rich unpublished or little-known documentary material, on the lively controversy that in 1918 saw protagonists Sabatino Lopez, General Director of the Italian Society of Authors (S.I.A.) on the one hand, and the members Nino Martoglio and Luigi Pirandello on the other, causing a serious crisis of the Society and the resignation of the Director. The subject of the controversy, which also developed in the correspondence and in the main national newspapers of the time, was the relationship with the Chief comedians relating to the repertoire, the percentages to be paid to the authors, the run of successive nights.

SCIASCIA

I testamenti in volgare sono molto rari, e ancora più rari sono quelli in volgare siciliano: un solo testamento completo e uno stralcio di un altro, dettato a Catania nell’anno della peste nera. A questo magro bottino si aggiunge ora questo qui edito, ancora parte di un testamento catanese del tempo della peste nera.

Testamentary dispositions in vernacular are very rare, and even rarest are the ones in sicilian vulgar: only a complete testament and the excerpt from another, dictated in Catania in the year of the black death. To this poor haul we can now add the one published here, also excerpt from a catanese testament from the times of the black plague.

SGROI

Si analizzano le Lezioni filologiche sulla lingua siciliana di Innocenzio Fulci (1855), con cui l’A. rivendica «il vanto di dissodare un campo inedito», facendo «chiaro lo stato vegliante (‘sincronico’)» del dialetto, costituite (a) da un panorama storico sul repertorio verbale della Sicilia, dai Sicani e Siculi fino all’800, e sulle origini del siciliano, con attenzione alla toponomastica e (b) da una grammatica essenzialmente sincronica del siciliano, ricca di esempi anonimi e letterari dal ’200 all’800, attenta alla sua variazione soprattutto diatopica, ma anche diastratica, diamesica e diacronica, in un’ottica spesso contrastiva con l’italiano soprattutto a livello fonologico, al fine di segnalare i «sicilianismi» da evitare, in alcuni dei quali incorre incosciamente lo stesso Fulci, nella prospettiva di una educazione linguistica che muova «dal noto all’ignoto» ovvero dall’idioma nativo del parlante (il dialetto siciliano) alla lingua nazionale.
Le 7 parti del discorso (nome [e aggettivo con articolo], pronome, verbo, preposizione, avverbio, congiunzione, interposto) sono identificate prevalentememente per enumerazione anziché formalmente o semanticamente. Non mancano rilievi su costrutti tipici del sic. riguardo alla morfo-sintassi, assente essendo l’analisi del periodo. Diacronicamente, se l’A. ritiene l’italiano derivato dal latino, tende a considerare il sic. variante dell’italiano, oscillando peraltro per una sua genesi dal latino, soprattutto a livello morfologico.

The A. analyses Innocenzio Fulci’s Lezioni filologiche sulla lingua siciliana (1855) that claims to open a new field by explaining the synchronic state of the Sicilian dialect. The book is made up of a) a historical survey of the linguistic repertoire of Sicily from the Sicans and Siculians until XIX century, and the origins of the Sicilian dialect, with the focus on toponymy, and b) an essentially synchronic grammar, full of anonymous and literary examples from XIII to XIX centuries, focussing on diatopic dialectal variations, but also diastratic, diamesic and diachronic ones, contrasting them with the Italian language. The objective is to point out the Sicilian idioms to be avoided in education as pupils progress “from the known to unknown”, i.e. from the native language (Sicilian dialect) to the national language.
The 7 parts of the speech (nouns and adjectives with articles, pronouns, verbs, prepositions, adverbs, conjunctions and exclamations) are identified by enumeration, and not formally or semantically. Fulci points out typical Sicilian morphosyntactic constructions, but there is no analysis of the complex sentence. The A. thinks that the Italian language is derived from Latin, yet sees the Sicilian dialect as a variant of Italian, even if he fluctuates between the two on a morphological level.

TESIO

L’articolo offre una lettura storica del ruolo del dialetto nel teatro italiano dall’Età Moderna al Novecento. La trattazione prende le mosse dalle riflessioni di Machiavelli, che sostiene la necessità di una lingua viva e naturale in contrapposizione alla prosa letteraria e arcaica che imponeva Bembo. La fioritura tra Sei e Settecento conduce alla grande stagione del teatro dialettale dell’Ottocento, specialmente in Piemonte. Nel primo Novecento, la questione di lingua e dialetto nel teatro è motivo di accesi dibattiti e discussioni, all’interno dei quali si analizza in particolare il contributo critico di Gramsci. A partire dagli anni giolittiani e dal primo dopoguerra, quando la scelta delle lingue locali caratterizzava la produzione di grandi autori come Capuana e Pirandello, il teatro dialettale comincia ad attraversare una crisi, che oggi possiamo intendere come irreversibile. Il crollo della dialettofonia e di un complesso contesto di riferimenti culturali conducono all’elezione dell’italiano regionale come strumento caratterizzante del teatro, comico o drammatico, mentre il dialetto può sopravvivere nell’ambito della lirica e della poesia.

The article provides a historical overview of the role of dialects in Italian theater, from the Early Modern Age to the twentieth century. The reflection begins with Machiavelli’s thoughts on the necessity of a lively and natural language, as opposed to the literary and archaic prose imposed by Bembo. A flourishing between the sixteenth and eighteenth centuries led to the great era of dialects in theater, the nineteenth century, especially in Piedmont. In the early twentieth century, the issue of Italian and dialects in plays sparked heated debates and discussions, within which the critical contribution of Gramsci is analyzed. From the Giolittian years and the post-World War I period, when the choice of local languages characterized the works of great authors like Capuana and Pirandello, dialects in plays began to undergo a crisis, which today we can see as irreversible. The decline of dialects as first languages in the Italian repertoire and of a complex context of cultural references led to the rise of Regional Italian as the main tool for characterization in plays, both comedy and drama, while dialects could survive in lyrical theater and poetry.

TROVATO

Sulla base delle categorie bergsoniane del comico, nelle opere di Martoglio prese in esame si individua, come la più rappresentativa, la categoria del ‘comico di parola’. Infatti, è nello scontro linguistico tra cultura bassa (popolare e dialettofona) e cultura alta (italofona) che il drammaturgo fonda egregiamente le sue strategie del comico. Tanto più quando tale scontro si attua nella particolarissima lingua del personaggio Don Procopio, il ‘saccente’, in cui il «comico di lingua» si coniuga in maniera eccellente col ‘comico di carattere’. Di tutti gli espedienti linguistici usati da Martoglio si fa accurata descrizione.

On the basis of the Bergsonian categories of the comic, the category of the ‘comic of speech’ is identified as the most representative in the works of Martoglio examined. In fact, it is in the linguistic clash between the low culture (popular and dialect-speaking) and the high culture (Italian-speaking) that the playwright bases his comic strategies. Moreover, this clash takes place in the very special language of the character Don Procopio, the ‘know-it-all’, in which the ‘comic of language’ blends perfectly with the ‘comic of character’. All the linguistic devices used by Martoglio are accurately described.

 

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